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La magnificenza di Tikal e il culto per Kukulkán

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14/09/2011 Yuri Leveratto – Volando a bassa quota al di sopra della foresta pluviale tropicale della penisola dello Yucatan non è raro scorgere in lontananza alcune arcaiche piramidi che si ergono al di sopra della densa cappa di vegetazione.
La piú maestosa delle antiche cittá Maya è Tikal, situata a metà strada tra il nord dello Yucatan e il Pacifico e tra il golfo del Messico e il Mar Caribe.
Ci si domanda come sia stao possibile il sorgere e il fiorire di una cittá cosí estesa e complessa nel bel mezzo della selva tropicale, dove le precipitazioni sono costanti (3000 mm all’anno), in una zona infestata dai serpenti velenosi e da zanzare portatrici di malaria. La zona di Tikal era però il luogo ideale per coltivare mais, patate e pomodori. Nelle foreste adiacenti abbondavano cervi, pecari, scimmie, formichieri, tapiri, uccelli; nei fiumi e nei laghi vi erano numerosissimi pesci e tartarughe.
Circa 600 anni prima di Cristo, un popolo pre-Maya si stabilì nel luogo dove oggi sorgono le rovine della città chiamata Tikal. Questo popolo viveva in capanne di legno, utilizzava la terracotta e lavorava l’ossidiana, ma non conosceva il ferro, nè la ruota. Per certi aspetti però i Maya arcaici erano già evoluti dal punto di vista spirituale e scientifico, perchè iniziavano ad utilizzare una forma di scrittura pittografica, che in seguito evoluzionò nella geroglifica, e scolpivano i loro simboli su steli petree in modo da poter lasciare ai posteri concetti complicati sulla loro visione del mondo. Inoltre avevano già sviluppato teorie sulla cronologia ciclica e sull’astronomia, scienze che avrebbero avuto sempre più valore negli anni a seguire.
Questa proto-città non era isolata, ma manteneva contatti con i popoli vicini come quelli che vivevano a Peten, Izapa, o Kaminaljuyú, con i quali si intercambiavano prodotti agricoli.
La prima costruzione di rilievo fu una piattaforma cerimoniale alta 1 metro. Giá intorno al 100 a.C. vennero costruite altre piattaforme cerimoniali alte circa 3 metri, il cui accesso era costituito da ripidi scalini.
Solo intorno al 50 d.C. però si iniziarono a costruire i templi piú alti e complessi.
Gli approffonditi studi portati a termine dallo scienziato britannico Maudslay (1882) e dal tedesco Maler (1904) svelarono molti dettagli della Tikal classica (292-869 d.C.).
Nella zona centrale estesa ben 16 chilometri quadrati si ergevano ben 3000 edifici di pietra, la maggioranza dei quali sono oggi visitabili.

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Il viaggio spirituale del sensitivo George Hunt Williamson alla ricerca del Paititi

All’inizio del 1957 il medium e antropologo statunitense di origine serba George Hunt Williamson (1926-1986), si trovava a Lima, dove conobbe l’esoterico Daniel Ruzo (1900-1991), grande studioso di Marcahuasi, l’altipiano situato a 4000 m.s.l.d.m., indicato come il centro magnetico e gravitazionale del pianeta.
Chi era in realtà G.H. Williamson?
Anche se il suo principale interesse era l’attività di contatto extra-sensoriale con “intelligenze superiori”, si distinse anche come antropologo, esploratore e fondatore della paleo-astronautica, ovvero la disciplina che analizza la possibilità che in passato vi siano state delle visite di alieni nel nostro pianeta.
A mio parere G.H.Williamson può essere un definito un sensitivo, anche considerando la sua attività ascetica e spirituale in alcuni monasteri situati nelle Ande, durante gli ultimi venti anni della sua vita.
I due studiosi s’intesero subito, probabilmente c’era una percezione di fondo che li legava, ovvero la consapevolezza che anteriormente al diluvio universale (10.500-9.500 a.C.) una grande civiltà megalitica si era sviluppata in tutto il pianeta (vedi mio articolo sulle civiltà antidiluviane).
Detta civiltà mondiale aveva in Sud America i suoi centri di conoscenza nelle città megalitiche di Tiwanaku, Sacsayhuamán e Marcahuasi.
Durante il viaggio a Marcahuasi, G.H. Williamson fu colpito dalle fantastiche statue antropomorfe e sentì il caratteristico rumore di fondo, definibile come un ronzio, che si sente anche in altri luoghi magnetici del Sud America come per esempio l’enigmatica Serra del Roncador (che fu visitata negli ultimi anni XX secolo da Neil Armstrong, il primo uomo che mise piede sulla Luna, in un suo pellegrinaggio spirituale).
G.H. Williamson continuò il suo viaggio di scoperta e studio viaggiando verso il Cusco, l’antica capitale degli Incas. Il suo scopo era fare luce sulla possibilità che culture pre-incaiche avessero utilizzato la scrittura.
Durante gli anni 50’ del secolo scorso si pensava che gli Incas e i loro predecessori non conoscessero la scrittura. In effetti negli ultimi anni del XX secolo si è dimostrato che ciò non corrisponde esattamente alla verità: nella regione andina era infatti diffuso (solo tra ristrette cerchie di elite sacerdotali), un tipo di scrittura pittografica chiamato quellca, che fu trovata in alcuni oggetti di estremo valore archeologico come la Fuente Magna, il monolito di Pokotia e la pietra di Oruro.
G.H. Williamson apprese da alcuni capi spirituali quechua che nella giungla del Madre de Dios si trovava un’immensa roccia con degli strani petroglifi che secondo alcuni rappresentavano una forma di arcaica scrittura. Si trattava dei bellissimi petroglifi di Pusharo, divulgati al mondo dal Padre Vicente de Cenitagoya nel 1921. I petroglifi, che furono descritti nuovamente dal ricercatore Jorge Althaus di Cusco nel 1953, e studiati a fondo da Harmut Winkler nel 1957, non sono stati ancora completamente decifrati.

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Un altro segreto degli Incas

tratto dal libro “LE PIETRE DI ICA”  (Edizioni Mediterranee)

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E’ chiaro che questo reticolato sotterraneo…è opera di una civiltà sconosciuta…

Nessuno sa dove terminano queste strade sotterranee…

Sono conosciuti in Perù sotto il nome quechua “chincanas”…

Sul fondo del mare limaccioso, si distinguono chiaramente statue di pietra coperte di geroglifici…

La montagna degli Incas, Huascaran, alta 6763 metri, si erge maestosa tra le Ande peruviane. Da qui la strada di trasporto degli aborigeni corre per monti e valli fino a nord, dove scompare nei detriti delle rupi e dei monti a 260 chilometri oltre Otzuco, In questa regione furono scoperti già da Pizarro numerosi ingressi di grotte, ampliati e coperti con lastre di roccia lavorate. Tali grotte servivano da dispense.
Ora gli speleologi si sono ricordati di queste “grotte Incas” e si sono avventurati in esse con i moderni mezzi della tecnica, verricelli, cavi elettrici, torce da montagna e bombole di ossigeno. E’ stata fatta così una scoperta sensazionale. Alla fine delle grotte a più piani, gli speleologi toccarono le porte stagne fatte da grandi lastre di pietra che, nonostante il loro enorme peso (sono alte otto metri, larghe cinque e spesse due e mezzo), si spostano su sfere di pietra, che girano in un letto d’acqua, se quattro uomini robusti vi puntano le mani contro. Questo luogo si trova a 62 metri al di sotto del pendio della montagna.

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