Un altro segreto degli Incas

tratto dal libro “LE PIETRE DI ICA”  (Edizioni Mediterranee)

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E’ chiaro che questo reticolato sotterraneo…è opera di una civiltà sconosciuta…

Nessuno sa dove terminano queste strade sotterranee…

Sono conosciuti in Perù sotto il nome quechua “chincanas”…

Sul fondo del mare limaccioso, si distinguono chiaramente statue di pietra coperte di geroglifici…

La montagna degli Incas, Huascaran, alta 6763 metri, si erge maestosa tra le Ande peruviane. Da qui la strada di trasporto degli aborigeni corre per monti e valli fino a nord, dove scompare nei detriti delle rupi e dei monti a 260 chilometri oltre Otzuco, In questa regione furono scoperti già da Pizarro numerosi ingressi di grotte, ampliati e coperti con lastre di roccia lavorate. Tali grotte servivano da dispense.
Ora gli speleologi si sono ricordati di queste “grotte Incas” e si sono avventurati in esse con i moderni mezzi della tecnica, verricelli, cavi elettrici, torce da montagna e bombole di ossigeno. E’ stata fatta così una scoperta sensazionale. Alla fine delle grotte a più piani, gli speleologi toccarono le porte stagne fatte da grandi lastre di pietra che, nonostante il loro enorme peso (sono alte otto metri, larghe cinque e spesse due e mezzo), si spostano su sfere di pietra, che girano in un letto d’acqua, se quattro uomini robusti vi puntano le mani contro. Questo luogo si trova a 62 metri al di sotto del pendio della montagna.

Ma quel che viene dopo rende la sorpresa ancora maggiore: dietro le “sei porte” cominciano imponenti costruzioni di gallerie che farebbero impallidire dall’invidia persino i moderni ingegneri. Queste gallerie, in parte con una pendenza del 14 per cento, portano diagonalmente sotto la costa. Il pavimento è antiscivolo e rivestito con lastre di pietra granitate e dotate di scanalature trasversali. Se oggi è un’avventura inoltrarsi in queste gallerie di trasporto lunghe dai 90 ai 120 chilometri in direzione della costa e raggiungere, infine, un livello di 25 metri al di sotto di quello del mare, quali difficoltà deve aver comportato all’epoca, nel XIV e nel XV secolo, trasportare le merci sotto le Ande, per sottrarle alla presa di Pizarro e del viceré spagnolo! Alla fine dei passaggi sotterranei “di Guanape”, così chiamati per l’isola che si trova dinanzi a questo tratto di costa del Perù, giacché si suppone che questi passaggi sottomarini un tempo dovessero condurre all’isola, sta in agguato l’Oceano Pacifico. Dopo che i passaggi ci hanno condotto nelle profonde tenebre della montagna ci arriva agli orecchi un mugghio e un frangente che risuona straordinariamente cupo. Qui, sottoterra, comincia l’odierna costa. Era diverso tutto ciò un tempo?
La ricerca dell’isola di Guanape è vana. Niente qui indica che da qualche parte sia mai venuto alla luce un passaggio che conduceva alla terra ferma. Nessuno sa dove terminano queste strade sotterranee degli Incas e dei loro antenati e se esse probabilmente fanno accedere a tesori traboccanti di mondi da lungo tempo scomparsi.
“Ein weiteres Geheimnis del Inkas” in Bild der Wissenschaft, Jahrgang 1971, pag.1274

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“Per me è un enigma” brontolò il Colonnello Chioino non appena finimmo di leggere, “come queste informazioni abbiano potuto sfuggire alla censura generale. Viene rivelato soltanto il nome della montagna, ma non il nome del luogo di accesso e tanto meno i nomi dei ricercatori e della squadra. L’articolo contiene  inoltre alcune imperfezioni, ma che a noi vanno bene.
Le gallerie vengono attribuite agli Incas, anche se non vi è alcun riscontro tra le costruzioni Incas chiaramente identificate. Che essi, tuttavia, abbiano conosciuto e in parte utilizzato questo sistema di gallerie è palese. Accessi a questo gigantesco sistema di gallerie delle Ande sono parimenti stati trovati nel centro come anche nel sud America, ovvero fino al Cile e all’Argentina. Questi ambienti con soffitti a volta intagliati abilmente nella roccia, labirinti che corrono l’uno sull’altro in tutte le direzioni, sono conosciuti in Perù sotto il nome quechua “chincanas”. Gli scienziati che hanno esplorato queste gallerie, sono per la maggior parte ufficiali dei rispettivi paesi. In sud America non si è verificato uno scambio di informazioni sui risultati delle ricerche, neppure a livello dei servizi segreti. Questo articolo è, come affermato, l’unica eccezione.
E’ chiaro che questo reticolato sotterraneo, che supera le moderne costruzioni di metropolitane, è opera di una civiltà sconosciuta, che abita questo continente molto prima degli Incas e dei Preincas. Sono centinaia di chilometri sotterranei, ampie strade in piena regola, il cui scopo è completamente sconosciuto. Esse o sono state in gran parte colmate di terra da terremoti e non sono, pertanto, più percorribili, oppure terminano sotto il livello del mare. Le lastre di roccia superdimensionate e le complicate porte di pietra fanno supporre un tipo d’uomo, nel passato del sud America, che non ha niente in comune con gli Indiani piccoli di statura, le loro capanne di fango e le loro ceramiche”.
Il Colonnello Chioino titubò un momento prima di continuare a parlare. “Nel 1966, il direttore del programma oceanografico dell’Università Duke negli Stati Uniti, Robert J.Menzie, insieme ad altri specialisti a bordo dell’Anton Brunn, fece dei rilevamenti topografici lungo la costa del Perù, ottanta chilometri a ovest di Callao (Lima). Sulle tombe di Milne-Edwards, a duemila metri di profondità, era venuta fuori un’intera serie di riprese sottomarine che mostravano le rovine di un’antichissima città sommersa. Nelle foto, sul fondo del mare limaccioso, si distinguono chiaramente statue di pietra coperte di geroglifici. In seguito fu riferito che il sonar localizzò i tumuli identificati poi come altre rovine”.

Col.Chioino

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